Casolari di campagna: la ricostruzione impossibile
SISMA EMILIA
Forse non tutti sanno che nella campagna emiliana, raramente ci si imbatte in edifici condominiali costituiti da appartamenti di superfici standard (ossia fino a 120 metri quadrati), frequenti invece negli agglomerati cittadini. E’ molto più facile trovarsi in presenza di vecchi casolari di campagna costruiti prima o dopo le grandi guerre d’inizio ‘900 e destinati a ospitare famiglie contadine numerose che poi, nel tempo, si sono drasticamente ridotte e che spesso sono abitate da nuclei composti di poche persone. La superficie del casolare non si è però corrispondentemente ridimensionata e vi sono edifici anche superiori ai 1.000 metri quadrati che necessitano di rilevanti opere di ristrutturazione e che non possono essere riparati solo in parte.
Se il casolare è un corpo unico costituito da abitazione, ex fienile ed ex-stalla, non si può ripararne il tetto danneggiato solo per la parte che ricopre l’abitazione. E’ tecnicamente indispensabile ricostruirlo interamente e va da sé che il costo sia proporzionato alla superficie da ristrutturare.
I terremotati che abitavano nei casolari di campagna sono, purtroppo, fortemente penalizzati dalle modalità di determinazione dei contributi e sono incomprensibilmente discriminati rispetto a chi abitava in un appartamento in paese.
Non immaginate che questi edifici di grandi dimensioni siano abitati da facoltosi contribuenti, spesso si tratta di contadini che hanno trascorso lì la loro esistenza, oppure persone che hanno acquistato un vecchio edificio abbandonato a prezzi più convenienti rispetto ad un appartamento cittadino, per poi ristrutturarlo con le proprie forze, un po’ per volta, con grandi sacrifici e spesso con un mutuo da pagare.
Si tratta quindi di terremotati come tutti gli altri, ma difficilmente potranno recuperare ciò che hanno perso e questo perché il contributo per la ricostruzione non è calcolato sui costi effettivi di ricostruzione, ma su quelli riconosciuti in base al prezziario regionale (che si dice essere spesso inferiore ai prezzi correnti di mercato) con un limite massimo costituito da un costo convenzionale che diminuisce drasticamente per le superfici superiori ai 120 mq. Secondo quanto previsto dall’art. 3 dell’ordinanza 51 del 5 ottobre 2012 disposta dal Commissario Errani dell’Emilia Romagna relativo alle abitazioni in classe E0 (cosidette E leggere, ossia con importanti lesioni strutturali, ma non suscettibili di demolizione) sui primi 120 mq il costo convenzionale è di 800 €/mq, da 121 a 200 mq il costo scende a 450 €/mq (pari a una riduzione del 43,75%) sulle superfici eccedenti i 200 mq il costo è di soli 200 €/mq (con una riduzione del 75%). Per calcolare il contributo spettante occorre poi ridurre il predetto costo convenzionale all’80%.
Facciamo quindi un confronto fra un appartamento e un casolare di campagna entrambi inagibili in classe E0. Supponiamo che il primo sia di 120 metri quadrati, il secondo di 400 metri quadrati. Supponiamo anche che, per semplicità, il costo di ristrutturazione di entrambi gli edifici sia di 900 euro al metro quadrato. Il costo di ristrutturazione dell’appartamento sarà di 108.000 (900 €/mq x 120 mq), mentre quello del casolare sarà 360.000. Il contributo previsto per l’appartamento sarà 76.800 (800 €/mq x 120 mq x 80%), quello del casolare invece è di 137.600 [(800 €/mq x 120 mq + 450 €/mq x 80 mq + 200 €/mq x 200 mq) x 80%].
Ne consegue che il contributo spettante per l’appartamento coprirà il 71,11% (76.800 su 108.000) del costo di ristrutturazione, mentre per il casolare arriverà ad appena il 38,22% (137.600 su 360.000).
Nell’esempio che precede è dunque abbastanza evidente la disparità di trattamento che si genera fra chi ha un appartamento cittadino e chi possiede un casolare di campagna. Già il primo avrà difficoltà nel reperire le risorse finanziarie per finanziare il costo che rimarrà a suo carico (non dimentichiamoci che nella zona del “cratere” vi sono 37.500 cassintegrati ), figuriamoci il secondo che riceverà un contributo effettivo inferiore al 40% di quanto necessario. E’ evidente che in tale situazione sarà pressoché impossibile mettere mano ai casolari di campagna che quasi certamente verranno abbandonati al loro destino. E qui s’innesta un’ulteriore discriminazione: chi non ristruttura perché non è in grado di reperire la somma che rimarrà a suo carico, perde tutto, non ha infatti diritto a ricevere una somma con la quale contribuire all’acquisto di un’altra abitazione.
Vale dunque la pena fare un ulteriore approfondimento, volutamente provocatorio.
Esaminiamo la decurtazione del costo convenzionale per la ricostruzione di una porcilia (dati ricavati dalla tabella E, lett. a dell’ordinanza 57 del 12 ottobre 2012) e confrontiamola con quella relativa all’abitazione.
Il costo convenzionale di una porcilaia, calcolato sui primi 1.000 mq è pari a 450 €/mq, da 1.001 a 1.500 mq il costo scende a 400 €/mq (pari ad una riduzione dell’11,11%, mentre per le abitazioni da 121 mq a 200 mq si riduce del 43,75%) sulle superfici eccedenti i 1.501 mq il costo è di 370 €/mq (con una riduzione del 17,78%, mentre per le abitazioni, con superfici eccedenti i 200 mq, si riduce del 75%).
E’ evidente che c’è un’ulteriore disparità di trattamento di cui soffrono i casolari di campagna rispetto agli immobili produttivi. Nell’ordinanza che dispone come intervenire su questi ultimi (tra i quali la suddetta porcilaia ) evidentemente si è tenuto conto del fatto che il costo di ristrutturazione non diminuisce sensibilmente all’aumentare delle superfici (oltre i 1.000 mq si riduce infatti di circa l’11% ed oltre i 1.500 mq decresce di poco meno del 18%). Certo un po’ di economia di scala è ragionevole, ma decurtazioni del 43,75% e del 75%, come previsto per le abitazioni, devono necessariamente essere rimeditate perché la logica, francamente, ci sfugge. Chi deve ristrutturare un’abitazione non può essere svantaggiato rispetto a chi deve recuperare una porcilaia. E’ chiaro che qualcosa è sfuggito e deve essere urgentemente corretto.
Su un bene primario come l’abitazione, è necessario che lo Stato intervenga per restituire a tutti la dignità e la possibilità di rientrare nella propria abitazione, così come ha sempre fatto in ogni tragedia che ha colpito la nostra Penisola. Non ci si può trincerare dietro la crisi economica per giustificare l’insufficienza di risorse destinate alla ricostruzione post sisma. Quando gli eventi naturali devastano un territorio e minano l’esistenza di un’intera popolazione, lo Stato deve prestare soccorso pieno, tempestivo, incondizionato così come dall’altra parte impone solerte ai contribuenti di pagare tempestivamente ed incondizionatamente tutti i tributi che servono a sostenere la Società civile. In caso contrario faremo tutti un balzo indietro nel tempo, in un’epoca nella quale ognuno pensa per sé e dove imperversa un feroce predatore: l’homo homini lupus.
Se il casolare è un corpo unico costituito da abitazione, ex fienile ed ex-stalla, non si può ripararne il tetto danneggiato solo per la parte che ricopre l’abitazione. E’ tecnicamente indispensabile ricostruirlo interamente e va da sé che il costo sia proporzionato alla superficie da ristrutturare.
I terremotati che abitavano nei casolari di campagna sono, purtroppo, fortemente penalizzati dalle modalità di determinazione dei contributi e sono incomprensibilmente discriminati rispetto a chi abitava in un appartamento in paese.
Non immaginate che questi edifici di grandi dimensioni siano abitati da facoltosi contribuenti, spesso si tratta di contadini che hanno trascorso lì la loro esistenza, oppure persone che hanno acquistato un vecchio edificio abbandonato a prezzi più convenienti rispetto ad un appartamento cittadino, per poi ristrutturarlo con le proprie forze, un po’ per volta, con grandi sacrifici e spesso con un mutuo da pagare.
Si tratta quindi di terremotati come tutti gli altri, ma difficilmente potranno recuperare ciò che hanno perso e questo perché il contributo per la ricostruzione non è calcolato sui costi effettivi di ricostruzione, ma su quelli riconosciuti in base al prezziario regionale (che si dice essere spesso inferiore ai prezzi correnti di mercato) con un limite massimo costituito da un costo convenzionale che diminuisce drasticamente per le superfici superiori ai 120 mq. Secondo quanto previsto dall’art. 3 dell’ordinanza 51 del 5 ottobre 2012 disposta dal Commissario Errani dell’Emilia Romagna relativo alle abitazioni in classe E0 (cosidette E leggere, ossia con importanti lesioni strutturali, ma non suscettibili di demolizione) sui primi 120 mq il costo convenzionale è di 800 €/mq, da 121 a 200 mq il costo scende a 450 €/mq (pari a una riduzione del 43,75%) sulle superfici eccedenti i 200 mq il costo è di soli 200 €/mq (con una riduzione del 75%). Per calcolare il contributo spettante occorre poi ridurre il predetto costo convenzionale all’80%.
Facciamo quindi un confronto fra un appartamento e un casolare di campagna entrambi inagibili in classe E0. Supponiamo che il primo sia di 120 metri quadrati, il secondo di 400 metri quadrati. Supponiamo anche che, per semplicità, il costo di ristrutturazione di entrambi gli edifici sia di 900 euro al metro quadrato. Il costo di ristrutturazione dell’appartamento sarà di 108.000 (900 €/mq x 120 mq), mentre quello del casolare sarà 360.000. Il contributo previsto per l’appartamento sarà 76.800 (800 €/mq x 120 mq x 80%), quello del casolare invece è di 137.600 [(800 €/mq x 120 mq + 450 €/mq x 80 mq + 200 €/mq x 200 mq) x 80%].
Ne consegue che il contributo spettante per l’appartamento coprirà il 71,11% (76.800 su 108.000) del costo di ristrutturazione, mentre per il casolare arriverà ad appena il 38,22% (137.600 su 360.000).
Nell’esempio che precede è dunque abbastanza evidente la disparità di trattamento che si genera fra chi ha un appartamento cittadino e chi possiede un casolare di campagna. Già il primo avrà difficoltà nel reperire le risorse finanziarie per finanziare il costo che rimarrà a suo carico (non dimentichiamoci che nella zona del “cratere” vi sono 37.500 cassintegrati ), figuriamoci il secondo che riceverà un contributo effettivo inferiore al 40% di quanto necessario. E’ evidente che in tale situazione sarà pressoché impossibile mettere mano ai casolari di campagna che quasi certamente verranno abbandonati al loro destino. E qui s’innesta un’ulteriore discriminazione: chi non ristruttura perché non è in grado di reperire la somma che rimarrà a suo carico, perde tutto, non ha infatti diritto a ricevere una somma con la quale contribuire all’acquisto di un’altra abitazione.
Vale dunque la pena fare un ulteriore approfondimento, volutamente provocatorio.
Esaminiamo la decurtazione del costo convenzionale per la ricostruzione di una porcilia (dati ricavati dalla tabella E, lett. a dell’ordinanza 57 del 12 ottobre 2012) e confrontiamola con quella relativa all’abitazione.
Il costo convenzionale di una porcilaia, calcolato sui primi 1.000 mq è pari a 450 €/mq, da 1.001 a 1.500 mq il costo scende a 400 €/mq (pari ad una riduzione dell’11,11%, mentre per le abitazioni da 121 mq a 200 mq si riduce del 43,75%) sulle superfici eccedenti i 1.501 mq il costo è di 370 €/mq (con una riduzione del 17,78%, mentre per le abitazioni, con superfici eccedenti i 200 mq, si riduce del 75%).
E’ evidente che c’è un’ulteriore disparità di trattamento di cui soffrono i casolari di campagna rispetto agli immobili produttivi. Nell’ordinanza che dispone come intervenire su questi ultimi (tra i quali la suddetta porcilaia ) evidentemente si è tenuto conto del fatto che il costo di ristrutturazione non diminuisce sensibilmente all’aumentare delle superfici (oltre i 1.000 mq si riduce infatti di circa l’11% ed oltre i 1.500 mq decresce di poco meno del 18%). Certo un po’ di economia di scala è ragionevole, ma decurtazioni del 43,75% e del 75%, come previsto per le abitazioni, devono necessariamente essere rimeditate perché la logica, francamente, ci sfugge. Chi deve ristrutturare un’abitazione non può essere svantaggiato rispetto a chi deve recuperare una porcilaia. E’ chiaro che qualcosa è sfuggito e deve essere urgentemente corretto.
Su un bene primario come l’abitazione, è necessario che lo Stato intervenga per restituire a tutti la dignità e la possibilità di rientrare nella propria abitazione, così come ha sempre fatto in ogni tragedia che ha colpito la nostra Penisola. Non ci si può trincerare dietro la crisi economica per giustificare l’insufficienza di risorse destinate alla ricostruzione post sisma. Quando gli eventi naturali devastano un territorio e minano l’esistenza di un’intera popolazione, lo Stato deve prestare soccorso pieno, tempestivo, incondizionato così come dall’altra parte impone solerte ai contribuenti di pagare tempestivamente ed incondizionatamente tutti i tributi che servono a sostenere la Società civile. In caso contrario faremo tutti un balzo indietro nel tempo, in un’epoca nella quale ognuno pensa per sé e dove imperversa un feroce predatore: l’homo homini lupus.
Autore: Comitato Sisma.12
Tratto da Fiscal focus.info il quotidiano del professionista del 2 novembre http://www.fiscal-focus.info/attualita/casolari-di-campagna-la-ricostruzione-impossibile,3,11205
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