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giovedì 6 settembre 2012

LO STATO E IL CITTADINO

L'amico Alberto Cavicchi mi ha inviato la seguente nota sulla politica del governo Monti, ritengo che possa essere di vostro interesse e quindi ve la propongo







LO STATO E IL CITTADINO
l’equità nella politica economica e fiscale
A meno di un anno dal suo insediamento è necessario che, senza pregiudizi e preconcetti, si faccia il punto su quanto svolto finora, in ambito politico ed economico, dal governo Monti. Premettendo che queste riflessioni, che riguardano ovviamente anche i cittadini e le istituzioni ferraresi, non intendono mettere in discussione il ruolo, la funzione e i compiti del Fisco, i cui dirigenti e funzionari, nella loro azione, si devono attenere al dettato delle normative di legge vigenti. Viceversa, in queste righe s’intende discutere l’efficacia, finora dimostrata, delle norme di legge adottate dall’attuale governo e porre l’accento sui comportamenti messi in atto dalla burocrazia statale e locale nei confronti dei cittadini.
Al fine di chiarire il nostro punto di vista vorremmo perciò analizzare quale sia oggi il rapporto stato/cittadino ed esaminare quale sia il “senso della libertà” individuale e collettiva che, dopo essere stato sepolto per quasi un secolo e mezzo, pare non sia ancora riemerso, confermando così quanto si sospettava, ovvero che sussiste ancora subalternità del cittadino/suddito nei confronti dello strapotere dello stato/sovrano. Rendendo così attualissimi i versi di un sonetto romanesco del Belli, ripresi magistralmente da Alberto Sordi (“C’era una volta un Re cche ddar palazzo/ mannò ffora a li popoli st’editto:/ Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo,/sori vassalli buggieroni, e zitto.”).
Certo, la condizione di minorità nella quale versa il cittadino ogni qual volta che entra in relazione con l’apparato politico e amministrativo dello stato non si manifesta solo quando sono si tratta di fiscalità (evasione ed elusione), ma anche quando gli argomenti riguardano il mercato del lavoro, la disciplina dei fallimenti, il rispetto dei contratti, le modalità di regolazione dei servizi essenziali di un paese civile (sanità, assistenza, educazione, trasporti ed energia), la normativa urbanistica, il patrimonio pubblico e il suo utilizzo e dismissione e molto altro ancora. Ma nonostante questa considerazione elementare l’attenzione, quasi esclusiva, del governo e del parlamento si è concentrata sull’evasione fiscale. Nonostante però se ne parli quotidianamente, i risultati sono stati finora inadeguati. Certo, l’evasione è diminuita, ma, al contempo, è cresciuta pure la spesa pubblica di parte corrente (spese di funzionamento), che ha una parte rilevante nella crescita del deficit e del debito pubblico e nel peggioramento del rapporto debito/PIL. In questi giorni ci si è poi accorti che gli incassi fiscali sono calati per effetto principalmente dell’accresciuta pressione fiscale (curva di Laffer, secondo la quale all’aumentare dell’aliquota d’imposta diminuisce il gettito fiscale). Quindi dovremmo concludere che, nonostante il decreto legge 138 del 13 agosto 2011 lo prevedesse esplicitamente, i risultati della lotta all’evasione non sono andati a riduzione della pressione fiscale ma ad aumento della spesa pubblica e, in ogni caso il tentativo di accrescere in modo coercitivo le entrate tributarie si è rivelato illusorio.
Ora, se volessimo escludere dalla nostra riflessione l’azione di politica fiscale, quali altri provvedimenti di economia e finanza pubblica intrapresi nel 2012 dal governo Monti dovremmo prendere in considerazione?  Vediamone alcuni, anticipando che non sempre essi sono tra i maggiori:
-          Il 22 marzo è stato approvato il decreto/liberalizzazioni che, anziché ridurre, ha aumentato la burocrazia e ha, tra l’altro, previsto di pagare il credito d’imposta delle aziende, attingendo alle loro risorse accantonate;
-          Il 4 aprile il parlamento ha approvato l’insieme delle norme sulle semplificazioni burocratiche (apertura domenicale dei fornai, data di scadenza della carta d’identità, procedure inerenti l’attività d’estetista, istituzione del centro ricerche Gran Sasso Science Institute e poc’altro) che altro non sono se non “manutenzione ordinaria” della macchina amministrativa pubblica;
-          Il 5 aprile il governo ha presentato al parlamento il disegno di legge riguardante il mercato del lavoro, rinviando al ministro competente le norme che interessano i dipendenti pubblici; un mese dopo il ministro della Pubblica Amministrazione ha sancito che i lavoratori privati e del pubblico impiego sono tra loro diversi (?!).
-          Il 24 aprile il parlamento ha varato il decreto sulla semplificazione fiscale, sancendo, per esempio, che, per il pagamento dell’IMU, il contribuente deve ripartire il dovuto tra i diversi enti pubblici e pagare ad ognuno cifre che nessuno è in grado di calcolare con precisione (gli errori del contribuente saranno però sanzionati), smentendo così l’articolo 23 della nostra Costituzione che sancisce quale deve essere la natura dei rapporti tra fisco e cittadino;
-          tra aprile e maggio è stato presentato dal governo la bozza di riforma del sistema fiscale che conferma, tra l’altro, che è ingiusto ogni risparmio fiscale che non sia sorretto da ragioni extra-fiscali non marginali (?!);
-          nel frattempo il governo ha insediato l’ennesima task force per attrarre investimenti esteri e ha costruito un comitato per le start-up (?!), senza rendersi conto che si fa impresa solo se vengono cancellati i “capricci” del potere e si investe a condizione che le incertezze del quadro politico ed economico siano minime;
-          in queste ultime settimane il governo ha poi preso di mira i medici (si veda la presa di posizione del presidente ferrarese dell’Ordine dei medici e odontoiatri), con l’intento prima di ridurli a meri burocrati della sanità (farmaci generici) e poi a stacanovisti della professione (attivi 24 ore al giorno, tutti i giorni dell’anno).
Insomma, che dire: anziché avanzare il cittadino italiano regredisce. Anche oggi come nella novecentesca stagione vincolista del ministro Luzzati, pagare le tasse è un “dovere etico”, che permette allo stato di mettere in atto un’indebita redistribuzione dei redditi. Quindi, il prelievo fiscale non finanzia, come invece dovrebbe, la produzione e l’erogazione dei servizi pubblici, ma garantisce il perpetrarsi delle inefficienze e degli abusi che hanno caratterizzato nei decenni i sistemi assistenziali e pensionistici e la pletoricità delle burocrazie nazionali e locali.
Alberto Cavicchi
Centro studi “Luigi Einaudi” - Ferrara  "


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