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mercoledì 26 giugno 2013

FARE AL MEGLIO IL NOSTRO MINIMO

Ieri sera leggendo qua e là, tra i vari blog,  ho trovato un post che mi è subito piaciuto e così ho pensato di condividerlo sul mio profilo Facebook . Poi ci ho dormito su e, questa mattina vista la mia immagine riflessa nello specchio, mi è sembrato veramente un post geniale e così voglio riproporlo a tuti Voi, amici del blog, in modo che anche Voi possiate leggerlo attentamente e fare le Vostre riflessioni.
Buona lettura :


di FunnyKing
In Italia non ci sarà violenza fisica, le piazze urlanti di Brasile, Turchia, Egitto è cosa per paesi giovani, con un età media intorno ai 30 anni. Al massimo nel nostro paese potremmo assistere ad episodi di disperazione, follia o di segnali da parte della criminalità organizzata.

Ma niente di veramente serio, eversivo e pericoloso per l’incolumità fisica della nostra classe dirigente.
Neppure ci saranno oceanici e paralizzanti scioperi generali, la stragrande maggioranza dei lavoratori tiene letteralmente famiglia, e non ha più la sicurezza del posto di lavoro. Troppo difficile e costoso perdere preziose giornate di stipendio con il rischio di vedere la propria fabbrica o il proprio ufficio chiudere e spostarsi da qualche parte nel mondo.
Non ci sono ancora le condizioni per stravolgimenti politici attraverso le elezioni. L’informazione è saldamente in mano alle due principali famiglie politiche e il danno enorme provocato dalle speranze di cambiamento tradite dal Movimento 5 Stelle con un infinita teoria di inutili, sterili e stupide beghe interne ci lasciano come primo partito l’astensionismo. Di fatto a votare va in maggioranza quella parte di Italia ché ha un interesse specifico e personale a far vincere questa o quell’altra forza politica. E’ vero che rimane aperta una enorme prateria politica, ma ad oggi non esiste o non si è ancora palesato un soggetto che possa attirare abbastanza consenso da cambiare il sistema.
Cosa rimane per esprime rabbia e protesta e insieme per sopravvivere e badare al bene delle nostre famiglie?
Chi ne ha avuta la possibilità e il talento è andato via dall’Italia o sta pensando di farlo, le migliori aziende italiane non legate al territorio delocalizzano. Il caso più clamoroso è quello di Indesit, azienda che “ancora fa profitti in Italia” (ma la Camusso si rende conto delle stupidaggini che dice?) come se una società debba aspettare il dissesto o la crisi per decidere di levare le tende da questo inferno di tasse, burocrazia e di giustizia fallita. I giovani più istruiti, incoraggiati e sovvenzionati per  quanto possibile dalla propria famiglia vanno a creare ricchezza per altri paesi, e non torneranno a meno che non convenga loro e non allo Stato Italiano.
Ma ci sono migliaia di Italiani e di Aziende Italiane che per molteplici motivi, familiari, di legame con il territorio, di mancanza della preparazione necessaria o per semplici questione anagrafiche non possono o non hanno la forza per andarsene.
Cosa resta per protestare e portare questo Stato Italiano al collasso?
Fare al meglio del nostro Minimo
In Italia oggi non è il tempo per fare soldi, è il tempo di sopravvivere e preparasi alla bancarotta del paese. Ogni attività economica ha un rapporto fra rischio e rendimento atteso. In Italia in più abbiamo una pressione fiscale così asfissiante che lavorare di più, produrre di più e assumersi maggiori rischi rende come minimo temerario la ricerca del reddito.
Pensate ad un dentista che lavora 5 o addirittura sei giorni la settimana: si assume il rischio che il gran numero di clienti non lo paghi, e deve pagare al fisco una quantità di tasse enormi peraltro spesso commisurate a quanto fatturato e non a quanto effettivamente incassato. Forse potrebbe lavorare 3 o 2 giorni la settimana, selezionare solo i clienti che pagano e evitare di trovarsi indebitato e in difficoltà solo per avere cercato di produrre di più.
L’idea di lavorare a testa bassa per accumulare un bel patrimonio per il futuro, in un paese in piena repressione fiscale non funziona, è un idea sbagliata pericolosa e che porta alla rovina.
Oggi è giusto fare al meglio il nostro minimo, ridurre le attività al punto ottimale allo scopo di farla sopravvivere. L’obbiettivo deve essere la conservazione della professionalità  e degli strumenti del  mestiere. 
Per paradosso proprio ora il tempo libero non è mai costato così poco e il rischio di impresa non è mai stato così alto in Italia.
E contemporaneamente è rivoluzionario.
Lo Stato può confiscare il nostro patrimonio, può toglierci le libertà ma non può costringerci a fare del nostro meglio per produrre ricchezza.
Fare al meglio del nostro minimo significa sopravvivere e contemporaneamente condannare questo Stato alla morte per fame, portare l’Italia al cambiamento per mancanza di mezzi, per mancanza delle tasse su un reddito che non viene più prodotto e per i minori consumi.
Fare al meglio del nostro minimo significa pianificare il proprio lavoro e la vita della propria famiglia dando maggiore valore e qualità al tempo al di fuori della produzione del reddito. 
Non è facile ma è possibile, si può passare un periodo della vita in un parziale ritiro volontario che implica anche a dure rinunce se si ha un obbiettivo adeguato.
Sopravvivere e fare una piccola, silenziosa, micidiale rivoluzione, non è un obbiettivo da poco.
Tratto da :

3 commenti:

  1. Questo stato si distruggerà da solo; sulla strategia di sopravvivenza (in mancanza di vie di fuga) non posso che concordare.

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  2. E' purtroppo così. Non posso che essere d'accordo. Ma che amarezza !!!

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  3. Mi domando spesso, Arnaldo, perché si parli solo della lotta all'evasione fiscale e non si parli più della lotta alla criminalità organizzata che ha in mano mezza Italia e controlla centinaia di aziende. Si dice che queste organizzazioni abbiano un giro d'affari incredibile, se paragonato all'intero PIL italiano. Perché nessuno ne parla più? E poi se non ci fosse stato un minimo di evasione fiscale(una sorta di resistenza), il debito pubblico sarebbe il doppio o il triplo di quello che abbiamo ora: perché avremmo comunque speso di più della ricchezza prodotta. I depositi bancari che ci hanno salvati per ora dalla bancarotta non sono, in parte, frutto di quella presunta evasione fiscale? Ho la sensazione che paradossalmente l'evasione abbia sostenuto l'economia più di quanto abbiano fatto le tasse.
    ciao

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